Dal fondale pendono fili di lucine bianche mentre sul palcoscenico le piccole luci colorate disegnano un cerchio, un luogo da percorrere in senso circolare. La percezione che si ha dello spazio diventa sconfinata.
La parola, che interviene in maniera del tutto inaspettata, ha il compito di esplicare in un solo momento, due modi diversi di vedere le cose, di percepire la natura e la vita la cui chiave di soluzione è forse l’unione insita nella relazione amorosa allo stato puro. Il corpo dei danzatori si abbandona, annega per poi ritornare in superficie. Fondamentale il cabaret, l’umorismo, il sorriso che per Jodorowsky diventa necessario per esorcizzare le paure più profonde. Galleggio, annego, galleggio è un cerchio che si apre con una ricerca e si chiude probabilmente con un rito d’iniziazione di una giovane sposa.
Forse alla fine della performance – che unisce l’elaborazione di una danza che da vita ad una poesia fisica ad un lavoro di costruzione pittorico e visionario sull’immagine – gli spettatori, come individui nel senso più generico, smetteranno di galleggiare, annegare, galleggiare e riusciranno a stabilire tra di loro una comunicazione che gli permetterà di avanzare verso uno stadio superiore di pace e coscienza.
Alessia Fortuna