L’Ambito di Annamaria Pompili e Davide Buonasorte

Due ballerini (solo “nominalmente” un Lui e una Lei) inseriti in uno spazio scenico indistinto, privo di limiti fisici e inesplorato, neutro come il sesso di chi lo occupa, che, alla ricerca dell’ambito individuale coerente con le leggi della prossemica conoscitiva, gli consente di appropriarsi o respingere l’altrui presenza. Fin dal primo istante della pièce si assiste pertanto alla presa d’atto dello spazio scenico, con lui burattino immaginario che si erge verticalmente, novello uomo di Vitruvio, e lei che si contorce orizzontalmente, a evidenziare, sottilmente, le differenze fisiche dell’uomo e della donna.

La Compagnia Atacama, fondata nel 1997 da Patrizia Cavola, coreografa e ballerina italiana, e Ivan Truol, coreografo, ballerino e attore cileno si propone come luogo di studio, di ricerca, sperimentazione e laboratorio per la creazione di un teatro fisico dove risalti la fondamentale relazione tra movimenti, danza ed espressione vocale nella forma di poesia o canto.

L’ambito è un progetto che ben rappresenta il loro lavoro di ricerca, verso le dimensioni di un teatro che sia nuovo, in un’epoca storica in cui i generi vengono superati a favore di nuove arti ibride che volgano lo spettatore al coinvolgimento personale e ad uno stadio di travolgimento emotivo. Sullo sfondo di una musica che alterna crescendi noir a stasi elettroniche, la distanza dall’altro è attraversata prima timidamente, entra in campo l’olfatto per lei, il tatto, per lui, la vista, per entrambi (originale ed espressiva la “presa di possesso” del movimento altrui a distanza), poi sempre più prepotentemente, nell’istante in cui l’ambito individuale, ormai condiviso con un altro da sè, necessita di essere difeso dalla curiosità e dall’attacco esterno.

Il testo del drammaturgo cileno Oscar Stuardo, si propone come un pre-testo o un supporto alla messinscena, che si presti come riflessione dalla quale partire per disarticolare la rappresentazione affidata alle qualità recitative e interpretative degli attori. Lo spettatore è rapito in uno stato di ansia e angoscia che pervade i due personaggi, Jam e Jem, due esseri astratti, senza storia né genere, solo emozioni e paure che li pervadono, generando equilibrio costante tra potenza ed elasticità, perfettamente resa da i due interpreti in scena che, pur manifestando concretamente la differenza caratteriale Uomo/Donna (“Tu osi sempre”; “Sì ma tu avanzi di più”), rendono equidistribuito lo slancio dinamico, cosicché l’intreccio di corpi, le prese acrobatiche, le pose plastiche, siano sostanzialmente connotate da un senso d’armonia. Lo spettatore ricerca nei dialoghi, nei gesti un senso che li raggiunge nel profondo del loro inconscio, e l’ambito diventa il luogo che ognuno è chiamato a preservare e difendere in una solitudine che è ricercata nello stesso modo nella quale è respinta. Vi è sospensione e caduta psicologica, nell’individuazione di un rapporto tra i due personaggi, la relazione tra un padre e un figlio, tra un uomo e una donna, tra due amici. La relazione di un corpo che volutamente (e disperatamente) interagisce con un altro.

Annamaria Pompili e Davide Buonasorte

www.teatroteatro.it

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