L’Ambito, allestito dalla compagnia Atacama di Roma e andato in scena al Teatro Concordia martedì 15 settembre, è uno spettacolo ricco di spunti e suggestioni, intarsiato di danza e musica, secondo le grandi abilità dei due danz-attori Patrizia Cavola e Ivan Truol. Si trattava del quarto appuntamento all’interno del quindicesimo incontro nazionale dei “Teatri Invisibili”.
Il pubblico del Concordia ha potuto apprezzare sia il lavoro formale, sia i riflessi “sociali” dell’azione, in particolare il discorso sulla vita degli individui nel mondo contemporaneo, incasellati in “ambiti” come caselle di alveare, tra lavoro, spazi urbani, tempi e luoghi contingentati. Efficace la forza comunicativa dei gesti danzanti dei due personaggi sulla scena, la cura dei dettagli in questo spettacolo minimale e di grande impatto, e specialmente le musiche originali di Epsilon Indi, oltre al testo di Oscar Stuardo (tradotto dagli stessi Cavola e Truol).
Il sipario si apre con ognuno dei due attori su un lato del palco, luce fredda sull’una, luce calda sull’altro. I costumi, neri con strisce bianche, sembrano essi stessi evocare l’asfalto, le strade di una qualunque città, e quindi il traffico, il disordine quotidiano. I due sono bene inquadrati all’interno dei rispettivi “ambiti”, ma a poco a poco impareranno a muoversi e a comunicare, fino all’osmosi dei due spazi di vita, con scambi danzati che suggeriscono un dialogo non più condotto solo con le parole, ma con spinte, trazioni, impenetrabilità dei corpi, rotolamenti, adesioni, vicinanze, distanze.
Acquisita l’alternanza parola/danza, i due passano a “fronteggiare” la comparsa dell’“altro”, nella forma di visi proiettati sullo sfondo, con espressione neutra, sorridente, o accigliata. Facce che non se ne andranno, come i due vorrebbero, ma anzi si moltiplicheranno, riassorbendo i protagonisti in una dimensione di anonimato sociale, quella stessa che l’“ambito” iniziale teneva all’“esterno”, in una sorta di distanza di sicurezza, più asettica che personale.
Teatro-danza, teatro fisico, Beckett: riferimenti molteplici per un lavoro che potrebbe essere accostato a varie altre esperienze del teatro recente e meno recente, e si offre intanto agli spettatori con la fluidità del gesto di Cavola e Truol, i loro movimenti, un audio ben calibrato e il minimalismo di una linea narrativa semplice, dal sé verso gli altri, rompendo la claustrofobia di un “ambito” che non è “autenticità” ma prigione.
Giovanni Desideri
Ilibis