Migranti è la nuova produzione della Compagnia Atacama, attiva da molti anni in ambito nazionale ed internazionale. Quest’anno, dal 23 al 25 giugno, sul palco del Teatro Tor Bella Monaca, i coreografi Patrizia Cavola ed Ivan Truol, hanno scelto di affrontare una tematica attuale e più che mai in discussione negli ultimi tempi: la migrazione e tutte le tematiche sociali che da essa derivano.
Come loro stessi affermano, hanno esplorato “il concetto di mobilità, movimento interno ed esterno, del singolo e dei gruppi, direzioni e flussi migratori, spostamenti liberi e indotti, invasioni”.
La scena inizia con un’immagine nitida: una luce blu e una massa di persone che con un flusso oscillatorio e continuo sono unite nel loro destino. Sono i ragazzi del liceo coreutico di Roma che nelle ore di alternanza scuola – lavoro hanno avuto la possibilità di assistere e partecipare alla creazione. Da questa scena si distaccano le quattro danzatrici della compagnia che con una frase coreografica ripetuta danno la sensazione del peso, dello sfinimento del viaggio e del lasciarsi andare per nuove vie.
La musica si ferma e una danzatrice inizia a parlare sottovoce in un idioma non riconoscibile; è rassegnata, nessuno è in grado di capirla, tutti si allontanano perché la diversità, nell’immaginario umano, può creare paure, disagi e conflitti. Lei rimane sola, cammina e corre sul posto, mentre voci registrate raccontano di esperienze, di difficoltà e di quotidianità di un migrante.
Da questo momento in poi, sono le danzatrici a raccontare con il proprio corpo storie di incontri, opportunità e difficoltà legate ai processi migratori. Si racconta di storie singole, in cui la solitudine, il freddo e il tremore sono protagonisti assoluti della scena. Ma si racconta anche di gruppi, che sebbene appartenenti a culture diverse, possono trovare un convivere, un condividere affinità e diversità. Ad esempio due ragazze si incontrano tra movimenti lineari e curvilinei mentre una ragazza, avvolta in un grande telo argentato, fa riflettere sul disagio di non avere un tetto dove dormire. Poi, tutte insieme creano un gruppo e poco a poco se ne vanno, indietreggiando e usando gesti di saluto, preghiera e speranza. Da qui, ricomincia la narrazione fisica di occasioni, eventi e drammi legati alla scelta di mobilità.
Nell’ultima scena rientrano anche i ragazzi del liceo coreutico; tutti indossano magliette e pantaloni colorati. Sembra esserci un clima favorevole per l’integrazione, per la ricerca di quella stabilità necessaria per accettarsi ed essere accettati in un mondo ormai ricco di scambi e spostamenti necessari. Alcuni avanzano soli, ma si scontrano su una parete immaginaria, lasciandosi portare indietro, al punto di partenza. L’idea sembra essere quella di una necessità comunitaria di conoscenza e adattamento; infatti per concludere avanzano tutti insieme verso un percorso di scoperta e integrazione.
Tutto ciò è esplicitato da una ricerca stilistica volta al teatro fisico e pronta ad utilizzare il corpo nelle sue possibilità espressive. Le luci, a cura di Danila Blasi e la musica, creata in sinergia tra la compagnia e il gruppo Epsilon Indi, contribuiscono alla costruzione di immagini delicate ma visionarie. La ricchezza della compagnia Atacama sta proprio nella stabile ma continua ricerca e nel saper mettere in scena una danza ricca di significato, tra richiami stilistici e attenzione nella forza comunicativa del movimento.
Delfina Stella